
In molte persone, la continua ricerca o l'avversione nei confronti di oggetti o situazioni specifiche è motivo di dolore psichico, intenso anche se non riconosciuto. La condizione si fa ancor più dolorosa quando se ne è consapevoli. Una indagine sui "perché" e le strategie di cambiamento di atteggiamento.
Si tratta di due disturbi che si caratterizzano per pensieri ricorrenti e dolorosi che irrompono nella mente senza che la persona né lo voglia coscientemente, né li condivida. In entrambi i casi il pensiero è accompagnato da un’ansia molto forte e da sensazioni di paura tanto angosciose che la persona non può fare a meno di attuare un comportamento che ella riconosce essere inutile e inefficace, ma al quale non riesce a sottrarsi.
Il disagio si fa tanto esteso che finisce con l’assorbire tutta l’attenzione della persona e con il farle impiegare molto del suo tempo in quel comportamento, pur sapendo che è tempo sprecato. Ciò, tanto più perché la persona sa che il pensiero si presenterà ancora tale e quale a prima, nonostante ogni tentativo di eluderlo.
Questi due disturbi sono trattabili tramite un intervento psicologico che ponga il pensiero ossessivo o fobico nella “dimensione giusta”. Che ne individui le cause e trovi il modo del loro superamento tra le risorse della persona stessa.
Ossessioni
Nel caso delle ossessioni, il pensiero si presenta in maniera ripetitiva o addirittura sempre uguale intorno a qualche evento che deve essere evitato. E’ possibile, per es. che si fantastichi che “si deve fare una cosa particolare” per evitare che a sé o ai propri cari accada di ammalarsi. La cosa presuntemente necessaria da farsi non ha alcuna attinenza con la possibilità di contrarre malattie: è possibile che si creda di dovere oppure non dover andare da qualche parte, oppure che si debba compiere qualche azione particolare. In questi casi, si parla di “riti di evitamento” che –anche in persone razionali, che se ne sentono persino umiliate!- hanno il contenuto di riti sostanzialmente scaramantici e –pur non essendolo- sembrano confinare con la superstizione. Il comportamento si fa ripetitivo -come è ripetitivo il contenuto del pensiero- e la consapevolezza che si tratta di un comportamento irrazionale amplifica il dolore della situazione patologica.
In altri casi non c’è nulla che debba essere evitato, ma c’è invece qualcosa che la persona è indotta a fare, anche contro la sua volontà. E’ possibile che si creino nella persona “idee fisse” relativamente a qualche suo interesse al quale –anche se in prevalenza non ha alcuna importanza reale per lei- la persona dedica un tempo assolutamente eccessivo. Ricavandone anche una forte tensione emotiva, sgradevole perché sostanzialmente penosa. Tuttavia, sembra di non poterne fare a meno: di essere trascinato a comportarsi in quel modo. La consapevolezza che il pensiero molesto sembra incontrastabile produce un intenso dolore psichico.
Fobie
Nelle fobie il pensiero ha un contenuto di paura più evidente; palese. Si teme qualcosa di specifico (come i coltelli, o il chiuso, o il buio, o gli spazi aperti ecc.).
Si tratta di un disturbo che non è ritenuto particolarmente grave, ma che invece è insidioso perché tende ad estendersi da una cosa all’altra: la paura del “chiuso del locale del Cinema” può giungere alla paura di trovarsi “chiusi in Autostrada” tra un Casello e l’altro. E dai coltelli si può giungere a temere il Barbiere che maneggia i rasoi! In prevalenza si tratta di associazioni non sempre coscienti, ma che -in sede di trattamento psicologico- è sempre addirittura “facile” rivelare nel loro contenuto causale. Capire “perché” si è giunti a temere l’Autostrada o il Barbiere è risolutivo. E rende non più necessaria alcuna strategia di evitamento. E risparmia molto dolore psichico.